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Come il lancio dei dadi non ha mai una traiettoria definitiva così il gioco in filosofia manifesta una specifica precarietà, un rischio che non diventa mai necessità. Pensare il gioco diventa la consapevole assunzione di un trauma, di una rottura, di una inversione di tendenza, che contiene in sé pur sempre una grande fragilità. Se il gioco è «nemico dei filosofi», come affermava Umberto Eco, qui si affronta il tema trasversalmente - dalla filosofia all'arte, dalla teologia alla letteratura - in compagnia di quel grande giocatore-prestigiatore di concetti quale fu Borges, che costruì una sorta di contrappunto al gioco filosofico. Varie sono le poesie dello scrittore argentino su questo tema, che ci portano a tracciare la fisionomia dell'«homo ludens» e del «deus ludens».